Nell’insieme il complesso è caratterizzato da diverse epoche costruttive.
Il periodo romano rintracciabile nella base della torre principale e soprattutto nelle mura, in cui sono inglobate, attraverso il riuso dei materiali, parti di molte strutture romane, come ad esempio basoli di antiche strade, probabilmente reperiti proprio nella vicina via Ardeatina antica. Ci sono ampi riferimenti al periodo medioevale, al periodo barocco ed a fasi relative al XIX secolo.
Il complesso si articola attorno a due ampie corti costituite dal casale, dalla torre e dalle aggiunte ottocentesche. Nella corte più esterna vi è una chiesetta con la facciata caratterizzata da elementi decorativi in stile barocco e all’interno da decorazioni neoclassiche.
Nella torre (alta 45 metri) sono chiaramente visibili tre o quattro periodi e tecniche costruttive diverse. La prima parte, la base, è romana ed è rinforzata con speroni medievali ad opera mista ed incerta composta da tufi e da basoli in selce. La seconda parte, di elevazione medioevale, è in tufelli orizzontali tipici del XIII secolo e le imbotti delle sue finestre hanno cornici in marmo bianco di riuso romano.
La terza, costruita probabilmente tra il XVIII e il XIX secolo, è un’ulteriore sopraelevazione in tufi ben squadrati e si allarga con mensole in peperino che ricordano la torre del Mangia a Siena. L’ultima parte della torre (che conteneva una cisterna d’acqua) fabbricata in mattoni giallastri è del 1891, data che è possibile leggere sulle ceramiche raffiguranti lo stemma Torlonia, murate nella chiave degli archetti ogivati sulle porte più alte.
Il casale e la torre si presentavano fortificati da mura ancora parzialmente visibili. I merli sulle mura sono guelfi ma le immagini ritrovate su disegni antichi li rappresentano ghibellini. La struttura così fortificata costituiva un complesso sistema difensivo rafforzato da una serie di torrette di vedetta, disposte sulle colline circostanti, solo in parte ancora esistenti.
Il primo documento che contiene notizie del castello è una bolla del 1217 di Onorio III Savelli, in cui è registrato il nome “Piliocti vel Cicomola” e ne attribuisce la proprietà al monastero di Sant’Alessio sull’Aventino. I due nomi, Cicomola e Pilocta (l’attuale Tor Pagnotta), potrebbero indicare che il latifondo nel XIII sec. fosse molto più esteso o comunque tale da comprendere al suo interno più fondi. Il termine Cicomola diventa nel secolo successivo Cicognola e dal XVI sec. si trasforma nell’attuale toponimo di Cecchignola. Da documenti risulta esistere una Cecchignola “nuova”; ciò sottende al fatto che esista anche una fabbrica di più recente costruzione e che essa, realizzata come struttura organizzata e deputata allo sfruttamento agricolo, sia da collegarsi all’originaria tenuta di Pilocta.
Nel 1377 parte dell’originaria tenuta è ancora in possesso dei monaci di Sant’Alessio.
La proprietà, nel 1458, fu venduta dalla famiglia Capizucchi al cardinale Bessarione; nel 1463, la stessa veniva affittata dal maggiordomo del cardinale al figlio di Pietro Casali e a Giovanni de Foschi. Intanto, qualche anno dopo, nel 1467, il cardinale sottoscriveva il suo testamento lasciando in eredità l’intera tenuta alla cappella di Sant’Eugenio nella basilica dei Dodici Apostoli di Roma. Ma, quest’ultima poco dopo la morte del cardinale, nel 1477 circa, se ne privò vendendola a Pietro Margani.